Appunti sul regista Mstyslav Černov
di Olena Ponomareva
Tutte le immagini sono tratte dall’emozionante sito di Mstyslav Chernov.
I primati del regista Černov
Mstyslav Černov (Chernov nella traslitterazione inglese), nato nel 1985 è entrato nella storia del cinema due volte: è stato il primo ucraino a vincere l’Oscar nel 2024 con il documentario 20 days in Mariupol; è il primo (e si spera che sarà l’unico) regista che durante la cerimonia della premiazione ha iniziato il suo discorso con la frase “I wish I would never made this film”. Un altro particolare insolito dell’Oscar ucraino: si tratta addirittura dell’esordio di Černov regista che ha iniziato la sua carriera professionale come fotografo. Ovviamente, prima di lui molti altri fotografi che sono passati con successo dietro la macchina da presa, da Stanley Kubrick a Larry Clark e la Sam Taylor-Johnson di Cinquanta sfumature di grigio. Perché, se la fotografia è verità, “il cinema è verità ventiquattro volte al secondo”, per dirla con Jean-Luc Godard. Tuttavia, Mstyslav Černov da più di dieci anni faceva il fotoreporter di guerra: ha esordito come fotografo nel 2005 con il ciclo artistico “Charkiv. La città vista dai suoi abitanti” dedicato alla demolizione degli edifici storici nella sua città natia, ma nel 2013 è passato alla fotografia documentaria e ai reportage di guerra.
Il fotoreporter di guerra
Tutto ebbe inizio durante le proteste di Euromaidan a Kyiv nel novembre 2013-febbraio 2014. E qui vale la pena di aprire subito una parentesi: nel contesto odierno caratterizzato dalla guerra su vasta scala in Ucraina dopo l’aggressione russa è importante ricordare le due fasi di un unico processo: la prima contraddistinta dalle proteste di Euromaidan (che, oltre la democrazia e l’abbandono del modello ‘oligarchico’, rivendicavano il riavvicinamento politico ed economico con l’Unione europea) e la successiva guerra alimentata ai confini orientali dell’Ucraina nel tentativo di smembrare il paese – chiusa parentesi. Nel gennaio 2014 a Maidan Černov fu gravemente ferito. Nonostante il cartellino “PRESS” fu centrato da una granata stordente riportando ferite alle gambe e agli occhi. I medici sono riusciti a salvargli la vista, e nel maggio 2014 Černov ha iniziato la sua collaborazione con l’agenzia internazionale Associated Press. Negli anni successivi, il reporter Černov ha documentato la guerra in Siria e la battaglia di Mosul in Iraq, nonché la crisi migratoria nei paesi dell’Unione Europea e in Turchia. Nel 2020, il fotografo ha seguito la pandemia COVID-19 in Ucraina. I suoi reportage sono stati ripresi da varie testate: The Independent, The Seattle Times, Military Times, Navy Times, Washington Examiner, The Epoch Times. Le fotografie di Černov sono state pubblicate su The New York Times, The Washington Post, The Wall Street Journal, Forbes, The Guardian, The Daily Telegraph, The Daily Mail, Le Monde, Deutsche Welle, Die Zeit. I suoi video sono stati trasmessi da BBC, Euronews, CNN, Fox News Channel.
20 giorni a Mariupol
Nel 24 febbraio 2022, nello stesso giorno dello scoppio della guerra su vasta scala, Černov con i colleghi Yevhen Maloletka e la giornalista Vasylisa Stepanenko facenti parte del team di Associated Press sono arrivati a Mariupol. È stata l’unica presenza di giornalisti internazionali in città quando le truppe russe vi hanno fatto la loro comparsa. Černov e i suoi colleghi hanno trascorso a Mariupol i primi venti giorni di assedio documentando, in particolare, il bombardamento dell’ospedale materno-infantile, il lavoro dei medici nel tentativo di salvare le vite delle donne incinte e dei bambini feriti, le stragi dei civili, la distruzione pressoché totale della città. Dopo poche settimane il lavoro dei giornalisti è stato impedito dall’interruzione della fornitura elettrica. Impossibile ricaricare le apparecchiature, impossibile trasmettere le loro corrispondenze all’Associated Press. Inoltre, si trovavano in pericolo di vita, in quanto dopo il reportage sul bombardamento del reparto maternità e dell’ospedale pediatrico a Mariupol il 9.04.2022 la Russia ha dichiarato i giornalisti di Associated Press ‘terroristi internazionali’ (sic!). Sono riusciti a lasciare la città attraverso il primo corridoio umanitario aperto il 14 marzo per trentasei ore e persino a portare con sé i filmati originali (gli unici accettati dall’Associated Press) quando i controlli ai posti di blocco russi non erano ancora così rigidi e brutali. Tre settimane dopo il regista lituano Mantas Kvedaravičius è stato fucillato dai soldati russi mentre tentava di lasciare Mariupol.
Ptsd (Post Traumatic Stress Disorder: disturbo di stress post-traumatico), Psyop (Psychological operation: “guerra psicologica”) e l’Art Challenge di Černov
Dopo aver vinto l’Oscar con il film 20 giorni a Mariupol Černov riceve continuamente minacce di morte. Probabilmente per questo il regista evita ogni pubblicità ed è restio alle interviste. Ma continua il suo lavoro, perché “solo la verità può fermare questa guerra”, cercando di fare capire al mondo che la guerra in Ucraina non è solo un “suo” problema, ma rappresenta una seria minaccia alla democrazia e alla sicurezza di tutti. La propaganda russa sta conducendo una guerra della disinformazione e una guerra psicologica contro l’Occidente con lo scopo di dividerlo e nel tentativo di minare le basi della civiltà occidentale. La situazione è aggravata dal fatto che molte persone in Europa e negli Stati Uniti non ne sono ancora consapevoli. Quindi, c’è tanto lavoro da svolgere nel campo dell’informazione e della comunicazione. In questi mesi Mstyslav Černov sta lavorando su altri due documentari e ha iniziato a scrivere un romanzo su Mariupol prendendo spunto dal proprio diario. Probabilmente, anche per elaborare un’esperienza altamente traumatica vissuta in guerra. Per lui è la sesta guerra dopo la Libia, la Siria, l’Irak e alte zone ‘calde’ del pianeta. Eppure la guerra nel proprio Paese è sostanzialmente diversa, anche perché è particolarmente dura e non finirà presto. Ma il giorno “più puro degli altri” arriverà e porterà la pace, magari anche quella interiore: il regista soffre di disturbo da stress post-traumatico, come tutte le persone che hanno vissuto la guerra. Definisce il suo 20 days in Mariupol, un horror documentario.
Questo film non racconta semplicemente la tragedia della Città devastata attraverso le immagini cruente che testimoniano i crimini contro l’umanità, ma fa vivere allo spettatore la propria esperienza emotiva, penetrante e intensa. Questa è la caratteristica fondamentale del regista Černov, la capacità di trovare un equilibrio tra la rappresentazione della realtà dei fatti e la componente artistica. Non tutti sono in grado di sopportare le immagini dell’orrore bellico nel film, entrambi gli occhi per istinto si chiudono nel tentativo di allontanare da sé la Schreckbild (l’immagine terrificante). Ma dopo pochi istanti comincia a farsi sentire dentro la voce dell’empatia: per gli abitanti di Mariupol e delle altre città ucraine quelle non erano immagini, ma il vissuto! Tuttavia, provare empatia durante la visione di queste immagini non è affatto scontato, in quanto lo shock di per sé non porta all’empatia che è un atto volontario e consapevole. Ed è questa la quintessenza del talento di Černov: la capacità di attivare la consapevolezza nello spettatore. Lui stesso lo chiama an Art Challenge: trovare la giusta tonalità per suscitare emozioni studiando la quantità esatta di fotogrammi necessaria per mostrare l’orrore della guerra senza perdere lo spettatore, la sua empatia e il suo rispetto.
Il suono di Mariupol
La “potenza delle immagini” viene incrementata dagli effetti sonori: dalla voce narrante dello stesso Černov che parla in prima persona raccontando la storia della città di Mariupol, la vera protagonista del film. Anche questa è l’arte: la capacità di narrare gli eventi attraverso il prisma della propria percezione senza mai perdere il focus. Il regista, insieme al compositore americano Jordan Dykstra, l’autore della colonna sonora del film, hanno cercato di rievocare il “suono di Mariupol”: una sovrapposizione ‘stratigrafica’ di fragori delle esplosioni, delle grida e del vento che spazia nei palazzi semidistrutti e deserti. E poi le ore scandite dai colpi isolati nel buio profondo.
Di Olena Ponomareva leggi la recente ampia panoramica raccolta nel saggio L’Ucraina-Rus’ e l’Italia: precedenti storici, affinità culturali e linguistiche, “Dialoghi Mediterranei”, n. 71, gennaio 2025.
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