Reagendo a voci che vorrebbero chiudere una storica emittente
di Paolo Morawski
Nella sequenza allucinante di cattive e talvolta orribili notizie che ogni giorno ci raggiunge da ogni dove, questa piccola notizia è passata silente e inosservata. L’hanno rilevata solo siti perlopiù sconosciuti in Italia e alcuni aggregatori di notizie governati dall’IA: leggi per esempio qui, e qui e ancora qui e infine qui. La notizia è stata poi ripresa quei pochi – rari – osservatori di quanto accade nella Radiofonia internazionale.
Il fatto è presto detto. Il 9 febbraio scorso Elon Musk, White House Tech Support, nonché Head of the Department of Government Efficiency (DOGE), ha chiesto la chiusura di due importanti media finanziati dal governo degli Stati Uniti: Radio Free Europe/Radio Liberty (RFE/RL) e Voice of America (VOA). “Non sono più rilevanti”, ha sostenuto Musk. “Sì, chiudeteli”, ha poi aggiunto. Quelle due Radio “sono solo dei pazzi della sinistra radicale che parlano da soli mentre danno fuoco a 1 miliardo di dollari all’anno di denaro dei contribuenti americani”.
Che Radio Free Europe/Radio Liberty e Voice of America siano due media pieni di “attivisti di estrema sinistra”, lo aveva scritto poco prima di lui in un posto sulla piattaforma X, Richard Grenell, U.S. Special Presidential Envoy for Special Missions, sottolineando che si tratta di Radio di proprietà dello Stato, finanziati dai contribuenti. Assurdo per Grenell: “Questi canali sono una reliquia del passato. Non abbiamo bisogno di media pagati dal governo”.
Ecco lo scambio tra i due:
- Richard Grenell: Radio Free Europe and Voice of America are media outlets paid for by the American taxpayers. It is state-owned media. These outlets are filled with far left activists. I’ve worked with these reporters for decades. It’s a relic of the past. We don’t need government paid media outlets.
- Elon Musk: Yes, shut them down. 1. Europe is free now (not counting stifling bureaucracy). Hello?? 2. Nobody listens to them anymore. 3. It’s just radical left crazy people talking to themselves while torching $1B/year of US taxpayer money.
Fin qui la cronaca. Ridurre i finanziamenti ai media internazionali sostenuti dal governo federale degli Stati Uniti va di pari passo con la volontà di indebolire i media indipendenti come «Politico», The Associated Press, e «The New York Times». E si sovrappone alle annunciate significative riduzioni della spesa federale, tra cui la chiusura dell’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale (USAID), agenzia che distribuisce aiuti esteri e assistenza allo sviluppo. Si vogliono congelare milioni di dollari in finanziamenti per i diritti umani, i progetti a favore della democrazia e dei media indipendenti, mentre gli USA escono dalle grandi organizzazioni internazionali che hanno contribuito in vari modi a fare la storia di questi ultimi 80 anni. In generale, Washington va contro tutte le regole “dettate” dalle istituzioni internazionali.
Da aggiungere che RFE/RL e VOA operano sotto l’egida della U.S. Agency for Global Media (leggi in proposito la Sezione Rumors, Myths and Untruths) e sono state originariamente create per contrastare la propaganda sovietica durante la Guerra Fredda. Oggi continuano a trasmettere in regioni in cui la libertà di stampa è limitata, tra cui Russia, Iran e parti dell’Asia centrale.
Voice of America, attiva da oltre 80 anni, fornisce notizie in 49 lingue a un pubblico settimanale stimato in oltre 362 milioni di persone in tutto il mondo. Nel 2022 l’agenzia impiegava oltre 960 persone.
RFE/RL fornisce notizie in 27 lingue a 23 Paesi con più di 700 giornalisti a tempo pieno e 1.300 freelance, raggiungendo più di 47 milioni di persone ogni settimana.
Data l’importanza che Radio Free Europe/Radio Liberty ha avuto nel plasmare per oltre mezzo secolo i destini di tutti i paesi dell’Est-Europa, vorrei dedicarle un breve approfondimento.
Radio Free Europe (RFE) [Radio Europa Libera] nacque in maniera non ufficiale a New York nel 1949 per iniziativa statunitense. Dal 1950 trasmise in diverse lingue in onde corte e onde medie dalla sua sede di Monaco di Baviera, in Germania Ovest, con programmi diretti verso la maggior parte delle “democrazie popolari” dominate dall’Urss e verso le repubbliche baltiche. Fino al 1971 RFE ricevette fondi segreti della Cia, dal 1972 fu finanziata dal Congresso degli Stati Uniti. Nel 1976 Radio Free Europe e Radio Svovoda (Radio Liberty nella denominazione inglese) – che dal 1951 era rivolta alle restanti 12 repubbliche dell’Unione Sovietica – vennero fuse in un organismo unico (RFE/RL).
Le trasmissioni della RFE/RL erano rivolte alla promozione dei valori democratici in Asia centrale, in Medio Oriente e in Europa centrale e orientale; pertanto venivano intensamente disturbate dai servizi di Sicurezza e dalle strutture delle forze armate degli Stati comunisti. I paesi alla fine raggiunti furono 20 in 25 lingue. La missione delle emittenti era quella di influire sugli ascoltatori dei paesi Est-europei situati oltre la Cortina di ferro, anche in collaborazione con gli emigrati di quei paesi che si trovavano in esilio in Europa occidentale e negli Usa. Si trattava di mantenere attivo il collegamento degli ascoltatori con l’Occidente e viva la loro speranza di libertà, nonché di promuovere un cambiamento evolutivo delle società socialiste attraverso una costante “battaglia di idee”. Nella seconda metà degli anni Settanta le Radio servirono da “megafono” alle personalità indipendenti, agli oppositori e dissidenti che poterono così raggiungere milioni di connazionali. Come fonti alternative ebbero un ruolo cruciale nell’Europa dell’Est fino al 1989 e in Urss fino al 1991.
Contro Radio Free Europe, considerata dalla propaganda comunista «un abbaiare degli imperialisti occidentali», ci furono molti attacchi dei servizi dell’Est (attentati terroristici, dipendenti assassinati o perseguitati da telefonate anonime, da false denunce). All’inizio degli anni ‘50, l’ascolto della RFE nell’Est Europa era perseguito e punito dai tribunali distrettuali militari con pene di 2-3 anni di reclusione per “diffusione di propaganda ostile”.
Dal 1952 al 1994 è esistita una sezione in lingua polacca di Radio Free Europe: Radio Wolna Europa (RWE), i cui direttori sono stati Jan Nowak-Jeziorański (1952-1976), Zygmunt Michałowski (1976-1982), Zdzisław Najder (1982-1987), Marek Łatyński (1987-1989) e Piotr Mroczyk (1989-1994). Nel periodo comunista RWE era la Radio straniera più ascoltata in Polonia. Sosteneva la resistenza morale dei Polacchi e offriva loro informazioni indipendenti, e finanche contro-informazioni su quanto accadeva a Ovest ma soprattutto a Est della Cortina di ferro, di fatto rompendo il monopolio informativo del regime comunista. Per le autorità polacche l’emittente era simbolo universale del “Male”, e perciò sistematicamente disturbata. Anche una parte della comunità polacca emigrata si opponeva alla linea della Radio, linea che non sempre i finanziatori statunitensi riuscivano a dettare (come nel caso della radio Voice of America che trasmetteva da una prospettiva decisamente americana). La specificità della sezione polacca era riassunta dal 1952 nello slogan “i Polacchi parlano ai Polacchi”. La sezione polacca da sola ebbe complessivamente oltre 160 collaboratori (inclusi 14 corrispondenti fissi), tra cui molti nomi illustri della scena polacca internazionale.
Gustaw Herling-Grudziński collaborò al primo biennio di vita della sezione newyorkese della RWE (1950-1952) e poi ai programmi della sede di Monaco, sia a tempo pieno (1952-1955) sia come collaboratore esterno (fino al 1968, poi ancora per tutti gli anni ‘80 fino al 1994). Alla Radio Herling si fece apprezzare come autore, recensore di libri e critico delle letterature polacca (scritta in patria e all’estero), russa e sovietica (soprattutto dissidente). Partecipò a dibattiti e tavole rotonde di politica, società, cultura riferiti alla Polonia, al blocco sovietico e all’Urss.
Si dirà: tutto ciò era ieri, sono passati vari decenni da allora. Quindi, si sarà spinti a credere, Musk ha ragione, l’Europa è ora libera, finanziare RFE/RL non serve più, non ha più senso. Penso esattamente il contrario. Basta guardare alla pluralità e qualità delle informazioni che RFE/RL fornisce. Basta analizzare di quali aree del mondo s’interessa adesso l’emittente e verso quali paesi sono dirette oggi le informazioni veicolate da RFE/RL. Chiedere una storica fonte di contro-informazione è fare un favore a tutti i regimi autoritari, illiberali quando non dittatoriali in Russia, in Europa, nel Caucaso, in Asia Centrale, in Iran, in Asia, asiatici mediorientali.
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Non è un caso se RFE/RL è stata dichiarata “organizzazione indesiderabile” dal governo russo. Leggi al riguardo l’avvertenza di RFE/RL: “Se vi trovate in Russia o nelle parti dell’Ucraina controllate dalla Russia e siete in possesso di un passaporto russo o siete un apolide che risiede in modo permanente in Russia o nelle parti dell’Ucraina controllate dalla Russia, vi ricordiamo che potreste incorrere in multe o pene detentive per aver condiviso, apprezzato, commentato o salvato i nostri [di RFE/RL] contenuti o per averci contattato – If you are in Russia or the Russia-controlled parts of Ukraine and hold a Russian passport or are a stateless person residing permanently in Russia or the Russia-controlled parts of Ukraine, please note that you could face fines or imprisonment for sharing, liking, commenting on, or saving our content, or for contacting us”. Vedi il video.
Vedi il Cold War Radio Museum.
Il governo USA ha ogni diritto di lanciare o chiudere una Radio finanziata dallo Stato, se gli americani non protestano. Certo, mi dispiacerebbe molto, e non perché sia legato al passato di un’emittente che allora, durante la Guerra fredda, la sinistra considerava “reazionaria” e ora la destra considera di “estrema sinistra”. Non sia mai, ma nel caso si arrivasse alla chiusura da parte americana di RFE/RL, la mia proposta è semplice: CHE SIA FINANZIATA DALL’UE.
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